martedì, maggio 23, 2006

recensioni

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dragon quest8:Correva l'anno 1986 e sul Family Computer di Nintendo approdava il primo, epocale Dragon Quest (in Nord America, fino ad oggi, noto diversamente come Dragon Warrior).
Yuji Horii, coadiuvato dai pentagrammi di Koichi Sugiyama e dall'estro di Akira Toriyama, dava inizio ad una vera e propria istituzione, forse senza nemmeno rendersene conto (come accadrà di lì a poco al trio Squaresoft -ora ai vertici di MistWalker- composto da Sakaguchi, Amano e Uematsu: padri fondatori di Final Fantasy). Non solo egli dava vita ad una saga che arricchirà e non poco le casse dell'azienda (l'allora Enix), ma gettava le basi per l'interpretazione nipponica del gioco di ruolo.




Probabilmente, al pari di King Trode, Yangus è il personaggio che più farà ridere il giocatore. Square Enix lo sa e non ha perso tempo nell'annunciare Dragon Quest: Shounen Yangus to Fushigi no Dungeon.

Jessica, bella e provocante (ammalierà non pochi nemici con il suo sex appeal), medita vendetta per la perdita del fratello (vittima, come altri, delle malefatte di Dhoulmagus).

Da bambino Angelo, sulla destra, fu accolto fra i templari per intercessione dell'abate Francisco. Ora partirà in viaggio per volere del fratellastro Marcello (con tanto di mappa del mondo regalata al party).



Vent'anni dopo la nascita di un mito, in Europa, ci troviamo a parlare de “L'Odissea del Re Maledetto”, un'opera invero a tutto tondo, capace di primeggiare in molti degli aspetti che plasmano un videogioco.
Capace, soprattutto, di offrire un singolare viaggio di fantasia.
E' questa pertanto una Fiaba interattiva, che si radica e trova linfa vitale in un mondo vasto, colorato, ricco di vedute, di passaggi e di dettagli.
E le fiabe, signore e signori, non sono solamente per i più giovani né, all'altro estremo, per pochi adulti: sono semplicemente destinate ad un pubblico potenzialmente vastissimo (del quale è semplice far parte, a patto che alle fiabe si voglia prestar attenzione).
La bellezza delle lande ha fatto sì, al pari del Cel Shading e del Character/Monster Design, che l'iconografia classica della serie fosse rinnovata ed al contempo preservata. A ben vedere, l'ottavo Dragon Quest è quasi ovunque nostalgico ed al tempo stesso innovatore, il che è una delle sue armi vincenti.
Le composizioni musicali sono anch'esse da encomiare (merito della “Tokyio Metropolitan Symphony Orchestra” e di chi l'ha diretta: Sugiyama); e parimenti appare riuscita la scelta di accompagnare le discrete voci inglesi (testo a schermo in italiano) con degli effetti sonori dalla matrice volutamente retrò.

Forze motrici del gioco sono senz'altro la qualità e la quantità dell'esplorazione (fortunatamente non si troverà quel level design “formato corridoio” cui molti videogiochi odierni vorrebbero abituarci).
Qui ci sono vallate, cascate, laghi e boschi da visitare per il solo gusto di farlo.
E ancora: segreti da svelare, sotto-quest da intraprendere, mostri cui dare la caccia ed ampi spazi da percorrere fra una tappa e l'altra della trama.
Il sistema di combattimento, dal canto suo, è semplice da apprendere e padroneggiare, essendo esso debitore dei canoni del genere (statico, fondato sulla navigazione dei menu, non privo di venature tattiche – si pensi al comando “Psyche Up”).
Valga comunque l'avviso che i nemici non sono sempre pezzi di pane e che gli scontri random accompagneranno con una certa frequenza le varie scampagnate.
Oltre ai borghi abitati, comunque, si troveranno allocati qua e là sia postazioni di salvataggio -i luoghi di culto-, sia locande dove riposare e rifocillare così HP ed MP (senza dimenticare che tramite la magia Zoom è possibile tele-trasportarsi nelle località precedentemente visitate).




I borghi abitati consentono una canonica interazione con gli ambienti. Si va dalla distruzione di vasellame e barili, al curiosare in sacche, librerie ed armadi.

Anche nell'ottavo DQ si troveranno più di cento Mini-Medaglie. Una volta consegnate in buon numero alla principessa Minnie si avranno in cambio oggetti di inestimabile valore.

Fortificarsi aumentando la propria tensione (con il comando “Psyche Up”) è cosa consigliabile, specie se davanti si ha un boss infarcito di HP da sconfiggere.



Difficile adesso non entrare nel dettaglio, specie per quanto concerne le peculiarità proprie di ciascun componente del party (è possibile impartire ordini all'intero quartetto, oppure suggerire la CPU sui comportamenti di tre dei quattro).
Cosicché il coraggio, l'uso di lance e boomerang sono, fra le altre cose, tutte prerogative dell'Eroe, mentre per la maga Jessica è normale sfruttare quando le parrà opportuno il suo indiscusso sex appeal.
Il carisma di Angelo (unico a poter usare arco e frecce) e l'umanità di Yangus (che si fregia di falci, mazze ed asce) chiudono poi il cerchio (questo giusto per citare parte dell'arsenale e parte delle caratteristiche dei Nostri: non mancheranno certo spade, bastoni magici, pugnali e via discorrendo).
Personaggio non combattente, ma vitale nell'economia del gioco, è inoltre sua maestà Trode.
“Ora” dalla pelle verde e simile ad un ranocchio antropomorfo, “un tempo” signore di un reame, “sempre e comunque” padre di Medea (tramutata anch'ella controvoglia da un perfido giullare, Dhoulmagus, il cui mefistofelico incantesimo ha colpito tutti, quasi tutti, gli abitanti di Trodain).
Il sovrano in questione ci accompagnerà perlopiù negli spazi aperti, prodigo di consigli e specialmente di comicità e sarà peraltro artefice dell'Alchemy Pot, prezioso oggetto del quale trovate, in questa pagina, un'apposita immagine con didascalia.

L'esperienza complessiva, in ultima istanza, è di quelle da non perdere se non per manifesto ed incurabile odio nei confronti del genere ludico che, davvero, grazie al lavoro dei Level 5 capitanati da Akihiro Hino, raggiunge uno dei suoi picchi più alti di sempre.
Final Fantasy XII permettendo, uscito proprio in questi giorni nel paese del Sol Levante, è questo allora lo Zenith generazionale del J-RPG (quello assoluto continua ad essere, ai nostri occhi, Final Fantasy VI).
Affermarlo, ora come ora, non è compito difficoltoso, perché c'è stata un'ammirevole meticolosità da parte dei programmatori nell'edificare le meraviglie del mondo ospitante e perché, fattore non ultimo in importanza, le scelte fatte dai “narratori” non intralciano affatto quelle che poi contano, le scelte cioè di noi giocatori.




Grazie all'ingegno del “re-ranocchio” potrete presto avvalervi dell'Alchemy Pot, un vaso-pentola che consente di miscelare più ingredienti (prima due, poi tre) per poter ottenere svariati utensili.

Il graduale alternarsi del giorno e della notte non solo è indice della cura grafica di cui il titolo si fregia, ma influenza altresì la giocabilità. Alcuni mostri e personaggi, infatti, prediligono l'oscurità alla luce del sole.

Un J-Rpg come questo, dall'alto dell'esplorazione concessa, non poteva certo precludersi una nave con la quale salpare (anche sulla terra ferma sarà possibile usufruire di particolari mezzi di trasporto).con una ricerca ho trovato la recensione del padrino"esclusiva"(alcune parti sono dialoghi del gioco) Un vip non è mai in ritardo. Arriva sempre al momento giusto. E se il vip in questione ha le fattezze di Marlon “Il padrino” Brando ed è accompagnato dalla “famigghia” Electronic Arts, non si può fare altro che alzarsi in piedi e chinare il capo in segno di saluto e guai fargli pesare l'attesa. Certo, questo Padrino si è fatto attendere, in alcuni momenti ha rischiato di essere iscritto alla lista del vaporware; così avaro di informazioni, così sfuggente, così “primula rossa”, giusto per rimanere in tema. Come ormai anche i sassi sanno, il titolo in questione è tratto dalla colossale opera Coppoliana (che ha prontamente disconosciuto il lavoro di Electronic Arts) e vi vede nei panni di un giovane che vuole a tutti i costi entrare a far parte della potente famiglia Corleone. Nel corso del nostro peregrinare nella New York degli anni '40 ritroveremo molti dei personaggi che hanno costituito l'ossatura del capolavoro tratto dal libro di Mario Puzo. A partire da un Marlon Brando dalla parlata un po' biascicata e a volte decisamente poco comprensibile, sono della partita anche stelle del calibro di James Caan e Robert Duvall, adeguatamente sottoposti a sessioni di uno speciale motion capture che potesse riprodurre correttamente le espressioni dei volti nei momenti drammaticamente più concitati e importanti.




Avete presente la famosa "offerta che non potete rifiutare?" Eccola...

Eccolo, James Caan!

Il personaggio di Robert Duvall si contrappone a quella di Caan. Sanguinario uno e moderato l'altro...



Free roaming (parolona grossa per dire che potrete liberamente circolare per la città e fare un po' quello che vorrete), missioni di varia natura e un ambiente di gioco pullulante di vita. Tutti gli ingredienti che da GTA 3 in poi hanno fatto il successo dei giochi di questo tipo ci sono davvero tutti. Con qualcosa in più: sangue e violenza. Non un novità, direte voi. Basta prendere un GTA o un Mafia qualsiasi per vedere gente opportunamente randellata a dovere con spargimenti di sangue annessi. Ma non per Electronic Arts, che si è sempre tenuta ben distatane da questo tipo di logiche di mercato. Ma un titolo come Il Padrino deve essere raccontato e vissuto in un certo modo per poter essere credibile e allora EA ha deciso di mostrarci tutto. E siccome una frittata non si può fare senza rompere le uova, la software house americana è dovuta scendere a patti con sé stessa, infrangendo quella regola che l'aveva sempre tenuta alla larga da titoli politicamente scorretti. Basti pensare che anche in Medal of Honor, titolo che certo non si risparmia in piombo e baionettate, i colpiti a morte non versano una sola goccia di sangue. Poco realistico, forse, ma tale scelta ha tenuto EA alla larga dall'occhio vigile della censura. Almeno fino ad ora.

Certo, Il Padrino non sarà ricordato come il gioco più violento della storia, ma la possibilità di prendere a mazzate sulla testa tanto i nemici quanto innocenti passanti (gli stessi che potremo stirare sotto il peso delle nostre macchine old style), potrebbe far storcere il naso a qualcuno. Sia intesi, non ci troviamo di fronte al Postal di turno, questo è certo, ma il solo poter compiere delle vere “esecuzioni” a sangue freddo con tanto di rottura dell'osso del collo del malcapitato nemico o essere premiati per aver sparato in faccia ad uno sgherro avversario, lascia sempre un retrogusto un po' amaro.
Ecco, i premi. Il nostro protagonista potrà ottenere i favori e la protezione della Famiglia Corleone svolgendo le mansioni più disparate in giro per una New York ben riprodotta sullo schermo. Mettere in piedi bische clandestine, riscuotere il “pizzo” e corrompere la polizia locale saranno solo alcune delle attività che eseguiremo nel corso del gioco a cui si aggiungeranno svariate missioni extra dove sarà la nostra capacità balistica a fare la differenza. Avete presente Hitman, il famoso killer su commissione? Ecco, in alcuni momenti il nostro compito sarà quello di eseguire delle vere e proprie esecuzioni su commissione. Poliziotti incorruttibili, agenti dell'FBI troppo invadenti, tutti possono finire nel mirino della “famigghia” e al contrario di quanto accadeva in Mafia, per esempio, non c'è traccia alcuna di un buonismo di fondo. Qui si è cattivi e basta.




Si, lo so, le donne non si toccano nemmeno con un fiore, ma questa non vuole pagare.....

Il sistema di skill. Ogni azione portata adeguatamente a termine farà accrescere la nostra barra di rispetto, che una volta riempita ci darà modo di acquisire punti da dipartire alle nostre particolari abilità.

Alcune missioni richiederanno una certa discrezione. Meglio quidi usare un sano laccio in acciaio per far fuori le guardie.



Deambulazione, guida, risse e sparatorie sono egregiamente deputate ad un sistema di controllo che si è dimostrato più adeguato e preciso rispetto alla concorrenza, grazie anche ad un sistema di telecamere capace di gestire senza troppi indugi le vaste aree cittadine a cui si contrappongono ambienti di gioco più chiusi e angusti. Particolarmente azzeccata è sembrata la scelta di avere giustamente differenziato il controllo delle attività di nostra competenza. Se per una sparatoria dovremo utilizzare i trigger frontali per “locare” il nemico e per fare materialmente fuoco, nelle risse vere e proprio faremo ricorso ad un sistema dove colpiremo il nostro avversario e schiveremo i suoi colpi grazie ad un sapiente uso della levetta destra, un po' come in Grabbed by The Ghoulies, se ricordate. Delude parzialmente invece la rappresentazione grafica riservato alle vicende della famiglia Corleone. Escludendo una buona realizzazione poligonale dei personaggi in gioco, rimane un po' di amaro in bocca per le molte texture sotto tono incontrate durante il nostro peregrinare per i quartieri di una New York si vasta ma non così ricca di possibilità e interazione come visto per esempio in San Andreas. E' ovvia quindi la volontà di Electronic Arts di servirsi di una simile intelaiatura per raccontare la vicenda della “famigghia” senza regalare però al giocatore la possibilità di vivere il gioco come invece si sarebbe potuto sperare, con la diretta conseguenza che scenari così vasti e strutturati appaiono alla stessa stregua dei cartonati usati nei film. Si va dal punto A a quello B per conto di Tizio. Dal punto C a quello D per conto di Caio e così via. Rimane poco altro da fare ed è un peccato.

Insomma, “Il Padrino” è un titolo che nel complesso regala gioie e dolori e piene mani. Da una parte rivivere l'epopea dei Corleone è un richiamo irresistibile per tutti coloro abbiano amato la pellicola cinematografica e abbiano sognato almeno una volta di respirare un prima persona l'aria della “famigghia”. Dall'altra una struttura di gioco che avrebbe potuto offrire qualcosa in più in termini d'interattività e missioni più articolate e varie (la missione della Formula 1 di Mafia rimane purtroppo un miraggio) e che si auto-vincola a compiti meno articolati, scadendo per contro in banalità che si sarebbero potute facilmente evitare.




Una missione andata male vi porterà direttamente nello studio del vostro medico (corrotto) di fiducia. Come dite? Un'idea rubata a GTA? Ma no, dai...

Non mancheranno i bonus sbloccabili. Raccogliendo le pellicole sparse per la città potrete sbloccare svariati bonus che riguardano strettamente il film de "Il Padrino".

Incontreremo di frequente personaggi che ci offriranno missioni extra. Un buon modo per aumentare il nostro gruzzolo e il rispetto della Famiglia.
offerte dal sito alcune recansioni brevi e i rispettivi voti:kindom hearts2 voto8,5 per la sua fantasia per la libertà di gioco e per la grafica spettacolare si premia coll8,5 un grande gdr all'altezza di final fantasy-final fantasy10 voto9 uno di migliori gdr della saga final fantasy con la varieta di ambientazione buona e la sua grafica(Il punto essenziale)final fantasy10 è tra i migliori gdr del mondo-fifa street2 voto 10 secondo noi il miglior gioco calcistico per ps2 e altre console ci si aspetta il 3 probabilmente per ps3-il codice da vinci voto 8 un'avventura in cui il punto di forza è la trma tratta dal fil forse qualche enigma di troppo ma per il resto è un grande capolavoro-footbal manager2006 voto 7,5 un gioco gestionale realizzato con una buona struttura ha il difetto grave della visione delle partite nonostante la grafica dei giocatori non sia perfetta comunque è un gioco di tutto rispetto-call of duty2 voto 9 uno sparatutto in soggettiva sorprendente in tutti gli aspetti che riproduce perfettamente le emozioni provate nella seconda guerra mondiale-dragon quest8 voto 7 si puo dire per alcuni che sia un gioco rispettoso ma secondo la redazione non è il massimo dei gdr e la sua grafica forse non raggiunge neanche la sufficienza-pro beach soccer voto 6 un gioco che diverte ma non eccessivamente il suo punto debole è la grafica e il realismo che non raggiungono la sufficienza-resident evil4 voto 9,5 non è la perfezione ma è come se lo fosse la tecnica è distintan fra gli altri survival horror e gli altri resident evil e angiunggiamo che supera silent hill nel suo genere-true crime new york city voto 9 non è gta ma è come se lo fosse un gioco in cui la liberta d'azione e la giocabilita sono ben distinte quindi merita il voto dato da noi-marvel l'ascesa degli esseri imperfetti voto 7 un gioco rispettoso in grafica,tecnica forse gli ambienti un po carenti ma questo gioco avra gran successo tra gli amanti degli eroi marvel-kindom hearts2 voto 9,5 se volete un gdr e ne siete appassionati procuratevi il seguito di un grande gdr che mette in risalto la sua grafica,tecnica,strutturazione,libertà di azione-gost recon advanced warfighter voto 8,5 uno sparatutto tattico di prima qualità non esente da difetti.un difetto però sono i checkpoint letteralmente frustanti ma se siete appassionati del genere non lasciatevelo scappare-l'era glaciale2 voto 7 un gioco semplice e onesto merita il 7 pienamente puo essere paragonato agli altri platform benissimo-fifa mondiali 2006 voto 8 un gioco di calcio fifa modernizzato di poco rispetto agli altri ma con miglioramenti nella giocabilita-e ora la recensione del nuovo horror thriller:Da buon esponente dell'horror videludico, Condemned punta a colpo sicuro sulle paure più tradizionali: solitudine, buio, decadenza.
La solitudine è al contempo la maledizione e l'ultima speranza di Ethan Thomas, precipitato (nel senso più letterale del termine) dal rango di rispettato investigatore del FBI a quello di presunto duplice omicida, braccato dai suoi stessi colleghi e dalle ombre di un male strisciante; un solo contatto telefonico per ancora di salvezza, diverse conoscenze ravvicinate di reietti, assassini, deformità ai confini della natura umana.
Il buio è l'onnipresente ostacolo tra i sensi e la realtà, un velo denso che stimola l'adrenalina e ravviva le percezioni nello sforzo di individuazione dei potenziali, forse immancabili pericoli in agguato. E' la notte che sembra non passare mai, che abita nei vicoli sudici, nei basamenti degli edifici abbandonati, nei tunnel della metro, nelle fognature, parzialmente diradata solo dal fascio malfermo di una torcia elettrica.
La decadenza è la malattia che ha impestato la città, un morbo annunciato dai cadaveri in putrefazione di migliaia di uccelli caduti, incubato nelle periferie suburbane, dilangante in un vortice di violenza e criminalità che non ammette spiegazioni razionali.




L'uso delle rare armi da fuoco dovrà essere oculato, a causa della cronica scarsità di munizioni

Creature deformi e aggressive, oscurità rischiarata da instabili bagliori: l'essenza di Condemned

Rosa rappresenterà l'unico contatto FBI in grado di fornire aiuto morale e supporto scientifico



Al contrario di ciò che distrattamente si potrebbe pensare, dopo una scorsa alla visuale in prima persona esibita negli screenshots, Condemned non è il classico FPS; le rare occasioni in cui le armi fuoco si renderanno usufruibili, nei limiti imposti da caricatori semi esauriti, saranno delle brevi, fortunate parentesi nella lotta corpo a corpo, combattuta a colpi d'oggetti contundenti in un gran spargimento di sangue. Osservando l'implementazione delle tempistiche d'attacco e difesa, le variazioni di efficacia e maneggevolezza tra gli improvvisati strumenti offensivi, la fisicità degli impatti e le rabbiose reazioni di dolore del nemico ferito, viene da chiedersi quanto un'analoga cura realizzativa avrebbe giovato ad un titolo come il recente Oblivion; rimane comunque il dubbio sottile che tali sezioni d'azione, nonostante il valore terapeutico dopo logoranti sessioni di tesa esplorazione, siano state a tratti esasperate, forzando il confronto con individui psicotici fin troppo coriacei, numerosi o ridondanti nelle fattezze.

L'aspetto puramente investigativo è una costante sul piano parallelo a quello della forza bruta; sulle tracce di alcuni serial killer, esecutori capitali al servizio di uno sfuggente intento demoniaco, si renderà indispensabile la raccolta di indizi e prove chiave, grazie all'aiuto dei dispositivi tecnologici in dotazione agli agenti del reparto CSI. Il rivelatore di tessuto organico, il campionatore di DNA e la fotocamera a infraverdi saranno insostituibili nella ricostruzione degli eventi ma estremamente limitati nella libertà d'utilizzo; l'interfaccia suggerisce volta per volta una procedura d'analisi guidata e immutabile, che porta inevitabilmente alla linearità ma scongiura frustranti perlustrazioni costellate da infruttuosi tentativi d'indagine: il gameplay diventa subordinato alla narrazione interattiva.




I serial killers lasceranno dietro di loro tracce evidenti, spesso prendendosi gioco dell'investigatore

Uno spiraglio di cielo si apre dopo il lungo peregrinare in corridoi oscuri e claustrofobici

Ethan Thomas porge il suo profilo migliore alla telecamera nel corso di una cut-scene narrativa



Il vero obbiettivo del thriller di Monolith è il coinvolgimento emotivo del giocatore in un contesto coerente e claustrofobico.
Il degrado rugginoso delle ambientazioni - per certi versi assimilabile alle suggestioni scenografiche della serie Silent Hill - riflette la corruzione morale ed intellettiva delle creature che le popolano, esseri striscianti da nascondiglio in nascondiglio, rivelati da bagliori intermittenti di luce artificiale e predisposti alla cieca aggressività; le sonorità di sottofondo miscelano ronzii, vibrazioni industriali, stridori metallici, silenzi raggelanti, urla di follia, lasciando il passo in poche occasioni a musiche ancora sinistre ma vagamente ritmate. E' la manifestazione del paranormale, in parte giustificata dalle sensibilità extrasensoriali del protagonista, a creare i momenti di maggior pathos; la realtà può distorcersi senza soluzione di continuità in illusioni disturbanti, a volte fini a se stesse e sfocianti nella sola inquietudine, a volte determinanti negli sviluppi dell'investigazione per la valenza premonitrice o la funzione di flashback. Anche l'espediente più gratuito e diretto dello spavento trova il suo spazio, costringendo talvolta ad imbarazzanti salti sulla sedia con relativo pensiero alle proprie coronarie; apparizioni repentine, crolli strutturali e ombre irridenti giocheranno dei brutti scherzi.

Per attuare e valorizzare simili scelte di regia non si poteva che far affidamento su un impianto tecnologico di rilievo; la naturale evoluzione dell'engine di F.e.a.r. eccelle nel dettaglio poligonale di locazioni e modelli, gestisce un gran numero di effetti particellari e fa sfoggio di un sublime sistema di illuminazione dinamica che conferisce profondità e realismo all'immagine. Le texture ambientali ricreano con efficacia pittorica un'ampia varietà di superfici sporche, graffiate, marcescenti e sanguinolente; l'uso massiccio di filtri e di post-processing ricrea atmosfere cinematografiche e sottolinea le saltuarie escursioni nell'onirico. Il resto lo fanno le animazioni, non sempre naturali ma raccordate tra loro con estrema attenzione, e l'implementazione delle routine fisiche Havoc, ancora perfezionabili per quanto concerne il rag-doll ma perfette nel garantire l'interattività ed il mutamento in tempo reale dei fondali.




La raccolta dei cadaveri in putrefazione degli uccelli caduti sbloccherà alcune opzioni extra

I balordi in giro per la città attaccheranno spesso in gruppo, secondo buone routine di IA

Ratti, sporcizia e architetture decadenti saranno una costante dell'ambientazione sub-urbana
driver parallel lines voto 8 un seguito decismante migliore di driver2 con una giocabilità migliore-okami voto 8,5 una delle migliori platform degli ultimi tempi secondo la redazione supera pshyconauths-rush for berlin voto 8 un grande strategico dove le sue caratteristiche sono avanzete come la giocabilità ecco dedicata a rush for baerlin una recensione ingrandita ricercata dalla redazione La storia, sopratutto le vicende legate alla seconda guerra mondiale, ha ispirato innumerevoli realizzazioni, cercando di reinventarsi ogni volta con innovazioni nel gameplay, nella grafica o nello stile.
La storia, però, come ogni materia umana, è limitata, tanto da rendere alcuni RTS ridondanti e noiosi, proprio perchè il videogiocatore è saturo di rivivere le stesse vicende.
Conciliare, quindi, realismo rappresentativo e videogioco diventa e diventerà sempre più difficile, a meno di non creare apparati che degradano il lato storiografico a mera scenografia, o semplicemente raccontano vicende plausibili strutturalmente ma inventate in sostanza, come il buon Manzoni ci insegna.




Mappa strategica e descrizione degli eventi

Selezione delle unità prima della missione

Dettaglio grafico dell'acqua, da notare i 3 ufficiali in alto a sinistra





All' Army Technical Museum di Lesany , nella repubblica Ceca, è presente un interessante museo che descrive l'artiglieria Russa dalla prima guerra mondiale fino agli anni della guerra fredda. In loco, molti degli armamenti presenti nel gioco possono essere visti dal vivo (e apprezzarne l'imponenza ma anche la cura con cui sono stati riprodotti) oltre che gli interni di alcuni carri armati.


Si potrà subito notare come le condizioni di vita all'interno di questi imponenti mezzi corazzati fossero al limite del vivibile, con molti movimenti mossi da leve idrauliche e angusti passaggi.
Con questi strumenti l'armata russa avanzò fino al cuore dell'europa, liberandola dal giogo nazista, ma allo stesso tempo assicurandosi una posizione dominante, insieme agli stati uniti, dopo la resa incondizionata. (la seconda resa tedesca dopo quella della prima guerra mondiale).



Rush For Berlin, tra verità e finzione.

Rush for Berlin adotta un interessante mix narrativo, che ci vedrà guidare man mano tutte le principali potenze Europee alla ricerca di una migliore posizione strategica in vista della fine del conflitto mondiale.
Guideremo i Russi, vittoriosi e difensori della patria a Stalingrado e nell'Est europeo, intenti in una furiosa controffensiva fino al cuore della follia nazista, gli Americani, lesti a ricacciare i tedeschi da Francia e Paesi bassi seguendo in pratica il ripiegamento delle forze nemiche.
Infine, vox populi, probabilmente, gli stessi tedeschi, in un affascinante prospettiva che ci vedrà ultimo baluardo dell'imminente distruzione, ipotesi, come detto, plausibile, ma difficilmente documentabile.
Vi sarà poi una sola missione con i Francesi, peraltro una delle più interessanti, in cui con pochi uomini dovremo difenderci dalla rappresaglia nazista.

Rush for Berlin si differenzia dalla serie Panzers proprio per una variata importanza delle forze corazzate rispetto alla fanteria ordinaria: ogni unità, infatti, sarà dotata di mine magnetiche in grado di provocare ingenti danni ai carri armati e ai blindati.
Gli stessi, inoltre, avranno poca efficacia contro la fanteria costringendo il giocatore, di fatto, a tenere ordinate le proprie unità applicando vere e proprie tattiche di combattimento.
Aggiungendo variabili importanti, come colonnelli e unità speciali, artiglieria, ricognitori in grado di chiamare bombardamenti o unità di fanteria che possono comandare lanci di paracadutisti oltre le linee nemiche, ne consegue un mix tanto variegato e “furbo” che facilmente diventerà terreno ideale per gli amanti degli RTS.
Di fatto Rush for Berlin convince proprio perchè si ha la sensazione che il numero di unità sia una variabile che quasi mai fa la differenza, e per dimostrare ciò vorremmo portarvi un esempio di gioco reale.
Si premetta che il nostro numero di unità sia molto limitato, 2-3 lanciarazzi Katiuscia, 3-4 uomini con 2 mortai, 2-3 unità di fanteria in grado di posizionare mine e una unità di ricognizione in grado di chiamare bombardamenti: il nemico dispone di 20-25 carri e una decina di uomini di fanteria. Posizionando un buon numero di mine nei punti chiave controllati a loro volta da 2 unità Katiuscia da una parte e da un mix di obici e bombardamenti dall'altra, magari richiamati dal ricognitore, si può avere tranquillamente la meglio del più numeroso nemico, semplicemente sfruttando una migliore organizzazione tattica.
Questo schema è presente in ogni missione, insieme alla più facile e sbarazzina possibilità di creare molte unità per rompere le linee nemiche: entra in gioco, in questo caso, un'innovazione importante, che si chiama tempo.



La porta di brandeburgo in fiamme

Il freddo caratterizzerà l'inizio della campagna USA

Dal campo di addestramento iniziano le nostre peripezie



Di fatto ogni minuto che passa nella missione in corso, ci penalizzerà in quella successiva, stimolando il giocatore a non costruire mille armamenti dello stesso tipo, ma piuttosto sfruttare tutte le poche unità presenti nello scenario, che tra le altre cose, risulta una soluzione notevolmente più appagante.
Questo modus operandi potrebbe invero generare una certa frustrazione in tutti coloro abituati a scegliere la via difensiva fintanto che no si dispone di un esercito adatto a far breccia, tattica che dai tempi di Starcraft ha spopolato, ma che in Rush for Berlin vede il suo finale epitaffio.
Interessante la possibilità di interagire sul morale del proprio esercito, con la doppia razione di viveri, o sul nemico, con il lancio di volantini di propaganda.
Sono presenti, è giusto segnalarlo, missioni in cui con un numero limitato di unità dovremo raggiungere gli obiettivi dello scenario, altre in cui sarà possibile costruirne nuovi mezzi, altre ancora dove si dovrà conquistare un determinato edificio della mappa per poter chiamare rinforzi.
L'intelligenza artificiale del nemico è di tipo posizionale, abbastanza statica e scontata, con vie d'attacco prestabilite e continue, nella maggior parte dei casi si concentreranno su presidi difensivi diventando temibili nell'ottimo uso dell'artiglieria.
Ottima la differenziazione dei terreni e del tempo atmosferico, che possono diventare anchessi elementi tattici importanti.

Risiede nella prontezza dei controlli il solo grande difetto di questa produzione: è presente, infatti, una certa latenza tra comando impartito ed effettiva azione, oltre che la tendenza della cpu a dimenticarsi qualche truppa selezionata in giro per la mappa.
Tolta questa lacuna, tutto il resto è sicuramente ben pensato: sulla sinistra capeggerà la mappa con a fianco le icone delle unità speciali richiamabili (di solito un artigliere, un paracadutista, un generale, ecc..) mentre sulla destra avremo il dettaglio delle nostre truppe sempre con icone simili e divise per specialità.
Quest'ultime potranno essere impostate nelle classiche modalità difensiva e aggressiva, coricate o in piedi, potranno inoltre occupare edifici, costruire ospedali da campo (l'unico “edificio” mobile nel gioco) arricchendo in questo modo il gameplay e la profondità tattica.
I mezzi corazzati, a loro volta, necessiteranno di unità per essere comandati, ovviamente potranno morire i soldati dentro un carro senza che quest'ultimo sia distrutto, così come non di rado sarà possibile occupare l'artiglieria nemica utilizzandola a proprio pro se si manderà avanti la fanteria per eliminare i soldati che la controllano.
Ecco un altro esempio di come l'importanza dei mezzi corazzati in questo Rush for Berlin sia stata di molto ridimensionata.

La pesantezza grafica di un RTS si scontra sempre con il numero elevato di unità che dovrà visualizzare: questo titolo non raggiunge l'eccellenza assoluta, anche se mostra un comparto grafico di tutto rispetto, ma sfoggia un funzionale equilibrio che lo rende fruibile su molte configurazioni non rinunciando a finezze come ombre dinamiche.
Abbiamo notato una certa difficoltà nel frame rate solo con scorci molto carichi (al massimo dettaglio su una 6600GT), non tale però da pregiudicare il gameplay.
Dal lato sonoro, per rispettare una certa coerenza storiografica, troveremo per ogni popolo la propria lingua, mentre i menù, il tutorial e qualsiasi indicazione a video sono scanditi da una perfetta dizione italiana e da un'ottima traduzione dei testi.
Le esplosioni, i colpi di fucile e il lancio di razzi, oltre che i tonfi di artiglieria sono resi ottimamente contribuendo all'immedesimazione.
Nota dolente è la sincronizzazione del sonoro con i filmati, spesso sfasati.




Il polveroso scenario europeo

Interpretando i tedeschi dovremo conquistare questo ponte per rallentare l'avanzata nemica

Dettaglio veramente molto elevato per i mezzi
ecco la recensione di super dragon ball z :Citare Dragon Ball equivale a fare riferimento all'anime più abusato in ambito ludico degli ultimi anni, una tradizione destinata fra l'altro a protrarsi ancora per qualche tempo considerando l'imminente uscita del secondo capitolo della serie Tenkaichi nonché di Super Dragon Ball Z. Il titolo in oggetto non è comunque da considerarsi del tutto nuovo, visto che trattasi della conversione dell'omonimo coin op disponibile già da qualche tempo in Giappone e finalmente fruibile anche in Europa grazie a Sony ed alla sua Playstation 2.




Se pur per brevi periodi, alcune fasi di gioco potranno essere eseguite in aria.

Il classico esempio di divergenza familiare...

Goku è pronto a scagliare il suo colpo più potente a distanza ravvicinatissima.



Da Dragon Ball a Street Fighter il passo è breve
La principale modalità di gioco battezzata Original, che consente di ripercorrere attraverso otto incontri all'ultimo sangue i punti salienti della serie Z (differenti in funzione del personaggio selezionato), evidenzia fin dalle prime battute la vera natura del titolo sviluppato dal team Craft & Meister. Il diretto coinvolgimento dello stesso creatore di Street Fighter 2 - Noritaka Funamizu – fa si che Super Dragon Ball Z si affidi infatti ad una struttura di gioco decisamente lontana da quanto già visto in Budokai prima ed in Tenkaichi poi (se pur ispirato ai medesimi punti cardine), e più vicina ai picchiaduro di “capcomiana” memoria .
Quanto sopradescritto si traduce in sintesi con l'assenza pressoché totale di scontri a base di
combo in grado di stravolgere la fisionomia stessa del campo di battaglia e continue trasformazioni, in favore di un sistema di combattimento che predilige l'alternanza di combinazioni pugni/calci a cortissima distanza (non disdegnando anche la parata) alle schermaglie a medio e lungo raggio, eseguibili peraltro tramite l'esborso di un determinato quantitativo di energia spirituale accumulabile nell'apposita barra grazie al continuo scambio di colpi con l'avversario.
Trattandosi di un gioco su Dragon Ball, non mancano comunque alcune opzioni ispirate direttamente all'opera originale, fra cui è bene segnalare la possibilità di volare o trasferirsi rapidamente da una parte all'altra de campo di battaglia, così come quella di eseguire l'arcinota trasformazione in Super Sayan se pur per un limitatissimo periodo di tempo
Allo stesso modo, appare altresì azzeccata l'idea di ambientare il gioco in location multi-level completamente tridimensionali e particolarmente utili sia per garantire una discreta attinenza con l'anime (tanto per la vastità del campo di battaglia che per l'interattività delle stesse) che soprattutto ad aggiungere una componente tattica che tenga conto della conformazione del terreno di scontro ed i relativi punti di forza e debolezza.
A tal proposito è comunque opportuno segnalare come all'ottima idea di fondo non corrisponda purtroppo una resa sul campo altrettanto valida, difetto dovuto per lo più all'esiguità degli stage disponibili, appena sette, ma soprattutto alla carenza di elementi in grado di variare realmente un'azione di gioco alla lunga piuttosto monotona e ripetitiva.




Il combattimento a corto raggio consentirà vittorie molto più semplici del previsto.

Versione alternativa del terribile Freezer.

In questa occasione Junior sembra avere decisamente la peggio.



Non solo Original
Se con la modalità principale Bandai Namco ha volutamente imboccato la via della consuetudine, lo stesso non lo si può affermare con le restanti modalità accessorie presenti. Sotto questo punto di vista il team di sviluppo ha infatti cercato di proporre alcune interessanti novità di rilevo, affiancando alle classiche VS, Training, Customize (che consente di modificare il sia il pattern che le doti di ciascun personaggio) e Z Mode, un sistema di crescita dei personaggi molto vicino a quello adottato negli RPG.
Tale opzione, consente in sostanza di creare una “scheda virtuale” per ogni lottatore e di tenere “memoria” sia dell'esperienza acquisita in battaglia che delle sfere del drago recuperate durante lo svolgimento dello Z Mode. Con l'aumentare del numero di combattimenti ed il conseguente accumulo di punti EXP è poi possibile accedere ad una svariata serie di upgrade per il personaggio selezionato, mentre con le sette sfere del Drago recuperabili durante lo Z Mode, parafrase in chiave moderna della modalità Survival, si potrà poi evocare il Drago Shenron (Dragon Summoning) ed ottenere così abilità aggiuntive con il minimo sforzo.

Tecnicamente parlando
Dal punto di vista tecnico Super Dragon Ball Z propone un comparto grafico all'altezza della situazione. La scelta di affidarsi ancora una volta alla tecnologia del Cel-shading, ha consentito in particolare al team di sviluppo di creare dei cloni pressoché perfetti dei personaggi ammirati sul manga, anche se non mancano alcuni difetti dovuti per lo più alla mancanza di un set di animazioni altrettanto valido oltre che vario.
La stessa approssimazione è purtroppo riscontrabile anche nella creazione delle sette differenti location, che pur offrendo arene multi livello di dimensioni più che accettabili ed assolutamente fedeli all'anime, non riescono a garantire la tanto auspicata varietà di gioco tanto nell'approccio che nello svolgimento vero e proprio di ogni singolo combattimento. Relativamente al sonoro, il team di sviluppo ha invece ben veduto di affiancare alle classiche colonne sonore rockeggianti tipiche della serie, i campionamenti in lingua madre orientale di tutti i personaggi presenti in game, una chicca per quanti non apprezzino la localizzazione occidentale di prodotti di nicchia di cui Dragon Ball Z fa indubbiamente parte.
Capitolo a parte merita infine il discorso legato al sistema di controllo. E' infatti in questo particolare campo che il team Craft & Meister è riuscito a dare il meglio di se, sfruttando a dovere l'esperienza accumulata negli anni fino ad offrire all'utente un sistema di controllo in grado di unire alla reattività tipica dei giochi alla Street Fighter, una decisa semplicità d'uso anche durante l'esecuzione delle combo più impegnative.




Non fatevi trarre in inganno dalle dimensioni: Majin Bu sa essere decisamente pericoloso.

Il sistema di prese tanto caro ai cultori di Street Fighter.

Diversi elmenti facenti parte le location potranno essere utilizzate come riparo.



Concludendo
Un vero peccato constatare come non sempre a fronte di un franchise di notevole richiamo corrisponda un videogame altrettanto valido. Nonostante una licenza di indubbio spessore e la presenza di interessanti novità di rilievo, prima fra tutte il sistema di crescita del personaggio, Super Dragon Ball Z non riesce infatti ad emergere in modo significativo da quel immenso calderone dei beat em'up in tre dimensioni, ancorato com'è ad una struttura di gioco lontana anni luce da quei parametri che i fan di Son Goku & Co. ritengono praticamente indispensabili. Un vero peccato insomma, considerando anche i diversi punti a favore che fanno di questo gioco un titolo tutto sommato gradevole.
recensione di shinobido way of the ninja:Un ninja si risveglia sulla riva di un fiume, e si rende conto con spavento di aver perso la memoria. Attirato da un gatto ad una baracca abbandonata, trova ad attenderlo un messaggio che lo informa di essere Goh “il Corvo” del clan Asuka, e che i suoi ricordi sono stati dispersi sottoforma di gemme luminescenti. Se vuole scoprire qualcosa del suo passato, continua il messaggio, deve rivolgersi al signore di Utakata, lord Ichijo: questo sarà solo il punto di partenza per scoprire che ne é stato del suo Clan e nel contempo per collaborare al destino della regione, prossima ad una guerra. Realizzato dagli stessi sviluppatori della serie “Way of the Samurai”, che ha riscosso soprattutto nel secondo episodio un grande successo, questo Way of the Ninja rappresenta il pioniere di una nuova serie denominata Shinobido. Si tratterà fondamentalmente di uno stealth game a missioni: dopo la prima missione di “tutorial”, Goh si troverà al proprio nascondiglio e gli verranno volta per volta recapitate delle proposte di missioni speciali inviate dai tre signori feudali che si contendono il controllo di Utakata.




Tra i tetti di Utakata, circondato dai corvi, si erge una sagoma...

...è lui, è Goh “il Corvo” del clan Asuka

Goh ha appena accettato una missione, e si prepara a lasciare il covo






I SIGNORI DI UTAKATA


ICHIJO
Lord Nobuteru Ichijo è l'attuale governatore di Utakata, un individuo nobile e calmo, affabile talvolta, che pare sia stato quasi un padre per Goh. Ciò nonostante, manca probabilmente della determinazione necessaria per mantenere saldo il suo potere: la guerra di Utakata metterà a dura prova il suo carattere. Predilige missioni di consegna e furti, e solo se messo alle strette agirà a viso aperto.

AKAME
Capo di una regione confinante, Kagetora Akame coltiva da sempre il sogno di unificare il Giappone sotto la sua bandiera. È un ottimo generale, vissuto di guerre e battaglie, ma forse per questo non è certo il più abile a individuare i desideri del popolo. Non è comunque una persona fondamentalmente malvagia, e per quanto prediliga lo scontro diretto riesce a cogliere anche i vantaggi di un occasionale sotterfugio.

SADAME
La bellissima leader della Setta dedita al dio Amunita è piena di fervore religioso e anela soltanto a propagare la sua concezione del paradiso a tutti gli uomini. Per fare ciò, dice di avere molto a cuore la protezione delle città e del popolo, anche se la sua concezione di protezione è piuttosto opinabile visto che si basa su un esercito di fondamentalisti invasati. Ad ogni modo, per quanto un po' folle, neanche lei è obiettivamente malvagia, e sa ricambiare i suoi servitori anche in maniera più tangibile del semplice favore del suo Dio.
In base alla difficoltà, alla ricompensa ed alla natura stessa della missione (omicidio, ricognizione, furto, eccetera) il protagonista potrà decidere quale fazione servire, modificando così non solo l'andamento della guerra ma anche la stima che ciascuna fazione proverà nei suoi confronti. Se, per fare un esempio pratico, un signore ottiene dei documenti relativi alla costruzione di una nuova arma ma questi documenti gli vengono sottratti per conto di un altro signore prima che la produzione sia avviata, ovviamente la bilancia degli eventi tenderà verso il secondo, il quale sarà molto riconoscente al ninja che ha operato il furto. Il derubato, invece, potrà esternare il proprio disappunto solo se ci sono stati dei testimoni, ma dopotutto non è propria dei ninja l'arte dell'invisibilità? Di tanto in tanto, tra le missioni disponibile ne comparirà una relativa al rinvenimento di una delle famose “pietre luminose” le quali in realtà sono “frammenti di anima” di Corvo: completare queste missioni costituirà il raggiungimento di un punto chiave nella trama principale, che si svilupperà pertanto parallelamente alla guerra e che, presumibilmente, raggiungerà il suo climax più o meno nello stesso momento. Le missioni, di norma, potranno anche essere fallite senza incorrere nel Game Over: questo comporterà naturalmente una diminuzione della stima da parte del signore che ci ha inviato, oltre che nessuna ricompensa, ma il gioco potrà continuare come se niente fosse; persino fallire nella ricerca di una pietra luminosa porterà semplicemente alla riproposta sotto altra formula. Determinate missioni, invece, fondamentali per la trama (e farcite da filmati) andranno necessariamente superate, pena la fine della partita.

Una volta scelta la missione, dicevamo, Corvo si troverà sul campo: una bussola in alto a destra indicherà la direzione in cui si trova l'obiettivo più vicino (la mappa sarà disponibile solo quando avrete ottenuto l'apposito item), mentre in alto a sinistra farà mostra di se la barra dell'energia. I comandi sono relativamente semplici, e si limitano alla “corsa ninja”, al salto (che può anche essere doppio se fatto contro un muro, e che nel movimento furtivo diventa una capriola), all'attacco semplice ed all'attacco mortale, quest'ultimo che ha sempre successo se eseguito contro un avversario ignaro ma che difficilmente va a segno se il nemico è conscio della nostra presenza; questo stesso tasto è anche utilizzato per raccogliere e lanciare oggetti dal terreno, mentre altri appositi tasti permetteranno di attivare gli oggetti presenti nell'inventario. Infine, estremamente importanti saranno il tasto del movimento furtivo (accucciato o rasente le pareti), indispensabile per prendere di sorpresa i nemici, e quello per “puntare uno specifico avversario”, utile durante gli scontri a viso aperto o nelle situazioni di mischia furibonda.
Per quanto con la giusta pratica sia possibile affrontare anche numerosi nemici contemporaneamente, è sempre buona norma cercare di isolarli il più possibile ed avere sempre pronto un piano di fuga. Nella parte alta dello schermo compariranno delle icone rettangolari con disegnato un occhio, ciascuna delle quali identificherà un avversario relativamente vicino, diciamo abbastanza perché voi possiate vederlo (ma lui ancora non vedrà voi). Il colore dell'icona indicherà lo stato di allerta del nemico: grigio è ignaro della vostra presenza, blu si è accorto che qualcosa non va (magari ha sentito i vostri passi), arancione vi sta cercando (vi ha visto o ha trovato un cadavere), rosso vi vede e vi attacca, oltre ad urlare per chiamare i compagni.



Eccolo in-game fra i tetti di Utakata

Ad ognuno degli “occhietti” in alto corrisponde un nemico relativamente vicino – abbastanza da poter udire il rumore di un combattimento

Con una cassa in spalla, attraversiamo una strada in cui abbiamo già mietuto diverse vittime






I CLAN DEI NINJA


ASUKA
Il Clan a cui appartiene Goh ha tutelato la pace di Utakata per centinaia di anni, ma sembrerebbe disperso dal giorno in cui il suo villaggio è stato dato alle fiamme. All'inizio del gioco Goh, oltre alle sue memorie, dovrà anche scoprire se altri membri del suo clan sono sopravvissuti.

KENOBI
Questo Clan è giunto ad Utakata dopo l'inizio della guerra, attirato dai possibili profitti, ed è guidato dalla buffa accoppiata Uzumushi–Hebitonbo, i quali in due fanno a mala pena un cervello. I suoi membri sono ninja piuttosto classici, tanto che anche le tecniche di combattimento assomigliano a quelle del clan Asuka: la loro caratteristica principale è quella di muoversi sempre di corsa, rendendoli particolarmente difficili da intercettare silenziosamente quando sono di ronda. Sono molto spesso affiliati alla setta Amunita di Sadame.

MOSU
Un Clan composto esclusivamente da donne e guidato da Ageha ed Usuba, due gemelle che cercano vendetta per la loro terza sorella (gemella anch'essa). In combattimento si muovono agilmente, con lunghi salti e multipli lanci di shuriken; sono inoltre in grado di adoperare la tecnica delle immagini residue per confondere l'avversario. Dopo la caduta del clan Asuka, lord Ichigo è stato il principale usufrutore dei loro servigi.

TARABA
Più che da ninja nel senso di “Shinobi” (ombre), questo clan è composto da un gruppo di brutali assassini coperti da pesanti armature e dotati di armi da fuoco a corto e medio raggio. L'agilità non è certo il loro forte, ma compensano con una forza erculea e una difesa difficilmente superabile. Fra tutti i clan di ninja rivali, probabilmente sono il più pericoloso: le truppe perfette per un generale come Akame, anche se non solo lui è solito servirsi di loro. Le comanda il terrificante Kabuto, di cui non si è nemmeno certi del fatto che sia del tutto umano...
Graficamente questo primo Shinobido non è eccezionale, ma non sfigura neppure. La prima cosa che salta subito all'occhio è la vastità degli ambienti, con alcune mappe decisamente grosse e nonostante ciò piuttosto dettagliate nello studio delle disposizioni delle strutture. I modelli dei personaggi hanno diversi livelli di dettaglio, come spesso avviene, con all'apice il protagonista ed altri personaggi-chiave ed in fondo i soldati comuni, i quali comunque sono piuttosto curati nei dettagli se non nel numero dei poligoni: tra le altre cose è sempre possibile stabilire quando un soldato è armato solo di Katana o dispone anche di arco o fucile. Ad ogni modo, il motore gestisce senza nessuna difficoltà anche molteplici modelli contemporaneamente su schermo, ed idealmente tutti quelli presenti nella mappa nei loro movimenti in tempo reale, il ché non è cosa da poco. Il fogging è piuttosto limitato, e viene adoperato solo all'effettiva presenza di nebbia sulla mappa. Il bad clipping è un difetto a cui la PS2 ci ha purtroppo abituati, ma per quanto possa talvolta capitare di vedere cose sgradevoli (come braccia che attraversano mantelli e sciarpe), questo non comporta mai la possibilità che la parte attiva di un modello ne compenetri un'altra.

Niente da ridire, invece, per quanto concerne il sonoro: la colonna sonora riesce con successo a ricreare l'atmosfera feudale giapponese, con temi basati su strumenti a fiato e a corda molto gradevoli, e oltretutto che passano efficacemente al silenzio quando i nemici sono “in caccia” e a ritmi selvaggi durante gli scontri veri e propri. Gli effetti sonori sono gradevoli, e svolgono alla perfezione il loro compito di “warning”: non è possibile finire tra le braccia di un ninja Taraba senza sentirne prima il passo meccanico, o avvicinarsi troppo ad un gruppo di soldati senza che questi si scambino qualche battuta o anche solamente sbadiglino. Tutto il gioco è doppiato tanto in Inglese quanto, per la gioia dei puristi, in Giapponese, ed in entrambi i casi il lavoro svolto è ottimo; sottotitoli in Italiano per concludere.
La giocabilità è immediata, grazie soprattutto ad un sistema di controllo flessibile e completo, che ha forse l'unica pecca nel fatto che la parata si attivi automaticamente e solo contro gli attacchi provenienti dal fronte, difetto che però è bilanciato dal fatto che, di base, le situazioni di mischia caotiche andrebbero evitate e che nel duello uno contro uno si spera sempre di avere l'avversario di fronte. Un difetto piuttosto fastidioso è che talvolta le inquadrature perdono per così dire di vista il protagonista, ad esempio quando si combatte dirimpetto ad un muro, con conseguenza disastrose durante lo scontro: in questi casi, però, solitamente è sufficiente cercare di saltar via per riacquistare il pieno controllo della situazione. Le missioni possibili sono numerose, dall'assassinio singolo alla distruzione totale di un gruppo di soldati, al furto di oggetti custoditi o trasportati, all'assalto di carri blindati, ed ancora il rapimento di fanciulle o viceversa il loro salvataggio o la scorta; e, naturalmente, verso la fine della trama ci verrà anche chiesto di liquidare i signori avversari, cosa che potremmo anche fare di nostra iniziativa qualora un'altra missione si svolgesse presso il loro nascondiglio.

Proprio a voler criticare una cosa, c'è da dire che a lungo andare le varie mappe, per quanto numerose, rischiano di diventare anche troppo familiari, tanto che si arriva ad immaginare la posizione di un buon numero di soldati con una precisione di circa l'80%. A compensazione di ciò, gli sviluppatori hanno inserito nel gioco persino un editor semplice e flessibile con cui realizzare in casa le proprie missioni, magari per poi passarle ad un amico. Lo stesso editor sarà utilizzato anche durante il gioco vero e proprio per realizzare le difese del nascondiglio di Corvo: scordatevi di poter lasciare il giardino così come lo trovate perché ben presto difenderlo dalle aggressioni dei selvaggi diverrebbe un'esperienza da incubo. Altra osservazione riguarda la disposizione delle truppe in determinate mappe e missioni, realizzata a volte in modo che sia praticamente impossibile superarle senza far scattare l'allarme: in realtà, però, si tratta solo di acquisire la sufficiente esperienza del gioco perché, tra shuriken, rampini e diversivi vari la soluzione furtiva è in realtà sempre possibile.
La longevità si attesta su livelli alti non tanto per la durata del gioco in sé e per sé, dato che affrontando le missioni delle pietre luminose non appena diverranno disponibili si arriva allo scontro finale in si e no una decina di ore, quanto piuttosto sull'elevata rigiocabilità, e non potevamo aspettarci di meno dagli autori di Way of the Samurai II. È infatti possibile concludere il gioco in tre modi diversi, favorendo in ciascuno uno dei tre signori feudali, più un quarto modo “speciale” di cui sarebbe spoiler parlare oltre. I livelli di difficoltà presenti originariamente sono tre, ma a questi se ne aggiungono altri due ottenendo particolari risultati; inoltre, iniziando il gioco dopo averlo terminato, sarà possibile mantenere tutti gli oggetti, i power-up e insomma tutte le features sbloccate ed accumulate in precedenza. In sostanza, un gioco da apprezzare nella sua interezza e da rigiocare con passione: dedicato agli estimatori di stealth game e agli appassionati di Giappone feudale.



L'uccisione silenziosa alle spalle è di gran lunga la più frequente

Un tentativo di uccisione frontale: l'essere stati scoperti complica non poco le cose

Talvolta saremo chiamati a difendere la nostra casa: a tal uopo, sarà possibile modificare il proprio giardino con l'editor

ecco electroplacton:Xilofono a pennino, screensaver interattivo, esperimento luminare (o luminescente, se giocato sul nuovo DS Lite), bizzarria sensoriale, orchestra microscopica...questi ed altri sono gli appellativi che abbiamo inventato, o che condividiamo, per descrivere Electroplankton. Al contrario ci dissociamo dagli elogi che sciorinano questo prodotto come un'opera geniale, un capolavoro o, peggio, un gioco che dovrebbe far parte della biblioteca videoludica di ogni possessore di un Nintendo DS.




Tracy: sbizzarritevi a tracciare linee di ogni tipo

Hanenbow: fate rimbalzare i plankton sulle foglie

Luminaria: cambiate la direzione delle frecce per far cambiar percorso ai plankton



Perché?
Innanzitutto perché Electroplankton non è un videogioco o, meglio, non è classificabile propriamente come tale. E' vero, si inserisce in una console da gioco. E' vero, è confezionato come un qualsiasi altro videogame per DS. Tuttavia non è un “videogioco”in quanto non ricalca gli stilemi classici della videoludicità in quanto tale.
Per evitare di confondere le idee, cerchiamo di chiarire subito di cosa si tratta.
Electroplankton è un software che consente, mediante i classici strumenti del DS (ovvero il pennino ed i pulsanti), di comporre delle melodie, di creare un ensemble di suoni ed immagini in movimento. Ha uno scopo? Inteso in senso videoludico: no. Ha, invece, lo stesso scopo che può caratterizzare un qualsiasi strumento musicale, un mixer, ovvero dare libero sfogo alla propria fantasia, al proprio estro, ai propri istinti creativi. Le immagini offrono un'ulteriore dimensione all'inventiva e fanno da contorno ad un'esperienza plurisensoriale in grado di stupire per la sua originalità. Ma Electroplankton, oltre che stupire, sa anche basire. Si prendano i primi minuti di utilizzo: pian piano si intuisce cosa si può fare, cosa è possibile creare, si consulta poi il libretto di istruzioni per scoprire come interagire al meglio, ma si scopre che alla fine è tutto lì: laddove si credeva di aver appena cominciato e di dover acuire le proprie abilità, si scopre di essere già arrivati. Questo perché gli strumenti messi a disposizione da EP non concedono una precisione utile a dar una vera e propria profondità al “gioco” che, al contrario, si configura spontaneamente per un utilizzo limitato, spizzicato, di piccola taglia, come l'hardware su cui gira.
E' la formula che tutti i titoli destinati alle console portatili vorrebbero avere, la possibilità di fruirne mediante piccole sessioni mordi-e-fuggi potrebbe sembrare un aspetto positivo, ma non è così proprio per la mancanza di uno scopo finale, di una struttura videoludica che stimoli a proseguire e scoprire nuove cose, ma soprattutto per la mancanza di una logicità percettibile e soprattutto sfruttabile che consenta all'utente di creare un qualcosa di davvero pregevole a fronte di un impegno considerevole.
Abbiamo sparso per questa recensione sin troppi aggettivi in qualche modo “astratti”, per rifarci, e per esemplificare nel modo più “concreto” possibile (almeno a parole) la giocabilità di Electroplankton. Andiamo ora ad esaminare una ad una le “tracce” (avete letto bene: EP è confezionato in modo tale da sembrare più come un album musicale che non come un VG, quindi è suddiviso in tracce e non in livelli) con le quali è possibile interagire.




Sun-Animalcule: ricorda un po' la pubblicità con la particella di sodio...picchiettate ovunque per farle comparire

Rec-Rec: ciccate su un pesce per attivare il microfono. Ogni pesce una traccia audio.

Nanocarp: fate rumore per far disporre in maniera diversa il plankton



Le “canzoni”
1 – Tracy. Su schermo compaiono alcuni piccoli esseri (il plankton da cui il titolo) di colore diverso. Potrete tracciare delle linee sullo schermo e questi seguiranno il tragitto a ripetizione, generando suoni più o meno bassi a seconda del tipo di linea tratteggiata, della velocità impressa, della direzione e del colore stesso del Tracy scelto. Con la croce direzionale si può aumentare o diminuire la velocità.
2 – Hanenbow. In questa traccia gli Hanenbow spuntano fuori dall'acqua lanciati da una foglia, che è possibile regolare per decidere l'angolazione e la direzione dove atterreranno questi piccoli esseri, i quali, rimbalzando sulle foglie di una pianta presente sullo schermo emetteranno dei suoni simili ad un carillon. A seconda del punto della foglia che verrà colpito cambierà la tonalità del suono emesso. E' l'unico gioco che presenta una sorta di obiettivo: ogni volta che colpirete una foglia questa assumerà una tonalità di colore tendente al giallo, poi all'arancione infine al rosso. Se riuscirete a farle diventare tutte rosse contemporaneamente, sboccerà un fiore. Per riuscirci meglio aumentare la frequenza di lancio degli esserini mediante la croce direzionale.
3 – Luminaria. Una griglia formata da frecce costituisce il percorso che i 4 plankton qui presenti, ognuno con una tonalità e velocità diversa, potranno intraprendere. Voi gestirete le frecce che regolano il percorso dei plankton (un po' come gli scambi dei treni insomma).
4 – Sun-Animalcule. Picchiettando sullo schermo si possono far comparire tanti piccoli plankton, in questo caso simili a piccoli soli e lune, che, in base a dove vengono posizionati, crescendo emettono diversi piccoli suoni finché non esplodono come delle bolle d'aria.
5 – Rec-Rec. 4 piccoli plancton a forma di pesce sono come 4 piste dove è possibile registrare la propria voce o qualsiasi altra cosa. Come sottofondo c'è una musica hip-hop standard (il classico tum-tum-cià). E' una delle tracce più banali ma anche una delle più sfruttabili per farsi due risate con gli amici.
6 – Nanocarp. Uno stormo di piccoli plankton si dispone a seconda dei suoni che fate pervenire al microfono (intonazioni melodiche, fruscii, battiti di mani...) poi col pennino diffondete dei cerchi come delle onde sull'acqua che faranno suonare i plankton quando vengono toccati.
7 – Lumiloop. Cinque plankton a forma di ciambella funzionano come l'orlo di un bicchiere su cui ci si passa il dito bagnato. Si possono far girare, e più aumenta la velocità con cui girano più il suono emesso aumenta d'intensità, per poi diminuire quando perdono velocità mano a mano o perché li frenate.
8 – Marine Snow. Tanti fiocchi di neve che se colpiti emettono una tonalità diversa e si scambiano di posizione. Una sorta di pianoforte capace di involgersi in sé stesso creando pazze armonie e parecchia confusione.
9 – Beatnes. Mentre sotto scorre un tipico motivetto del celebre idraulico con i baffi, o di altri celebri giochi della grande N, con il pennino si possono toccare i puntini che formano la “coda” dei Beatnes, per creare delle composizioni sonore melodicamente apprezzabili. Sicuramente è la traccia più sfruttabile melodicamente, secondo gli stilemi musicali classici, grazie alla scala di note formata dai diversi punti della coda dei plancton.
10 – Volvoice – Non è altro che un plankton in grado di alterare la vostra voce. Vengono registrati 7 secondi di parlato (o di qualsiasi altro suono) e a seconda della forma che è possibile fare assumere al Volvoice questo replicherà la vostra voce in vari modi: più lenta e profonda, veloce e metallica o addirittura al contrario o spezzettata.




Lumiloop: fate ruotare quelle ciambelle per ottenere un suono soffuso.

Marine-Snow: toccate i fiocchi di neve per muoverli e farli suonare

Beatnes: le 5 code dei plankton formano una sorta di scala musicale da suonare con in sottofondo le musichette Nintendo



Se dopo aver letto vi aspettate che ci sia qualcos'altro da spiegare vi sbagliate. Questa è tutta l'essenza del gioco. Niente di più, niente di meno. L'unica altra aggiunta è la possibilità di osservare, tramite la modalità spettatore, le creazioni pre-composte di chi ha creato Electroplankton ed eventualmente interagirvi in prima persona.
Ovviamente provare questo titolo è tutt'altra cosa rispetto al parlarne, tuttavia, nonostante amiate il genere dei giochi musicali e questa idea bizzarra ed originale vi sembri meritevole, non possiamo che raccomandarvi una prova, se possibile, di almeno una ventina di minuti. Quel tanto che basta per capire se vi siete divertiti abbastanza, se avete soddisfatto la vostra curiosità e potete così lasciare EP sullo scaffale e tornare a casa con un altro gioco per DS altrettanto geniale e dalla longevità garantita, o se invece vi siete innamorati del delle dieci tracce di questo “gioco” e avete scoperto di non poterne più fare a meno.
Alla fine dei conti Electroplankton è un'idea originale, questo si, ma che non definiremmo geniale. Geniale semmai è il modo in cui è stato confezionato questo gioco (sia in quanto a packaging, sia per la cura del libretto d'istruzioni, per quanto bizzarro), il modo in cui è stato distribuito e la politica commerciale capace di farlo sembrare un capolavoro meritevole del prezzo pieno di un titolo DS, al pari del nuovo Super Mario e di altri prodotti assai meglio rifiniti.
In realtà EP ci pare più un'applicazione sopravvalutata, con numerose mancanze (vedi ad esempio l'impossibilità di salvare le proprie creazioni) e una grafica luminescente quanto spartana (anche se capace di un certo impatto). Spacciare l'inventiva primordiale di Toshio Iwai per una genialata finisce col sembrarci persino offensivo nei confronti di chi deve sborsare quaranta euro per il gioco. Ad un prezzo (molto) più ragionevole avremmo potuto apprezzare l'originalità della trovata e la ventata di aria fresca in un settore asfissiato dalla consuetudine. Così invece rimane un prodotto difficilmente raccomandabile (in particolare a scatola chiusa).

5 Comments:

Anonymous Anonimo said...

darei un voto più alto al mitico call of duty come un 10

3:20 PM  
Anonymous Anonimo said...

come fai a dare 7 al migliore gdr della storia cioé dragon quest 8?

8:34 AM  
Anonymous Anonimo said...

stai scherzando sul voto di dragon quest 8 vero?

12:31 PM  
Anonymous Anonimo said...

fa schifo dr quest 8

10:33 AM  
Anonymous Anonimo said...

Final Fantasy X merita almeno un 10 la trama è stupenda e la grafica è la migliore in assoluto

12:04 PM  

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